Per lavorare la terra venivano usati attrezzi
semplici ma funzionali: la vanga, la zappa, il
piccone, il badile. La vanga è lo strumento che
serve per tagliare e rivoltare la terra manualmente,
al posto dell’aratro. E’ costituito da una lama
piatta o leggermente concava, trapezoidale,
terminante a punta, talvolta tronca, immanicata a un
manico di legno di circa 130 cm. Sul manico, appena
sopra l’alloggio della lama, vi è una staffa, su cui
si appoggia il piede per premere con più forza.
Per smuovere il terreno già vangato, tracciare
solchi, scavare buche per impiantare i semi o le
piantine, per sarchiare il granoturco e le
piante in generale, e per levare le erbe cattive
dalle vigne si usa invece la zhapa (zappa),
una lama con un bordo tagliente fissata nella parte
superiore, per mezzo di un occhio e
perpendicolarmente, ad un manico di legno. A
seconda del tipo di lavoro e di terreno, la zappa
poteva avere la lama trapezoidale, rettangolare,
allungata o triangolare, e assumere varie
denominazioni: zhapa, zhapon, zhapéta. Nei
terreni duri veniva usata una zappa particolare, con
due robusti rebbi; altre zappe invece potevano avere
una punta o due rebbi sull’altra estremità della
lama. La pica o il pico (il
piccone) e la baìla (il badile)
servivano per scavare fossette per l’impianto di
nuove viti, rimuovere terreni duri e compatti,
cavare sassi dai campi.
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